New York è il centro di un mondo in cui la vita corre più veloce che altrove. Come ci conferma Alberto Damian, che la grande mela la conosce bene per esserci stato più volte in quarant'anni da trevigiano nel mondo, è la stessa luce che cambia con una rapidità difficile da trovare altrove. Una città in cui pregare qualcuno di mettersi in posa per un ritratto è improponibile, con il rischio di passare per alieni. E qui arriviamo all'intuizione che ha reso possibile questo racconto che ti coinvolge stimolando sensibilità diverse, ognuno di noi con il suo bagaglio interiore. Una sorta di sfida interattiva, in cui Damian è un medium tra chi è stato ritratto e chi osserva le sue foto. Quasi cento immagini in un quarto d'ora, una media di una ogni dieci secondi, sei al minuto. Compreso il cambio gomme ai box, pardon, il cambio della batteria della fotocamera. Un gioco ed una sfida, con svariate sfumature che con l'occhio curioso ti diverti a cogliere. Ad esempio, che quasi mai il soggetto principale è messo a fuoco come vorrebbe tradizione, più volte lo sono i suoi casuali compagni di strada. I volti non sono neanche necessariamente al centro dell'immagine, il profilo parziale anteriore, a volte solo quello posteriore. Volti emblema di un melting pot per cui a New York troviamo il mondo, antologie di sguardi, storie, età diverse, uscite "on the road" il tempo di entrare, per qualche nanosecondo, in questo palcoscenico di vite con dei back stage che ci divertiamo a intuire. Umani, professionali, a volte semplicemente distratti da mondi altrove, chi all'immancabile cellulare, chi vedi volare leggero con la musica di sottofondo. Vi è poi la fisiognomica che, per i cultori del genere, è pura manna in questa raccolta in cui il linguaggio del corpo è cosmopolita e, in piena City, la fantasia corre come nelle praterie del Texas. Ma il gioco sottile è un altro, un ideale centro di gravità permanente che ci riporta con i piedi per terra e relativa considerazione finale. Presi curiosi dall'intuire volti e storie, ad una prima lettura ottica non cogliamo subito il sottile fil rouge, che in questo caso è nero, ad accompagnare tutta la storia. Ovvero quella piccola banda scura, frutto di una pragmatica architettura urbana, che fa da sfondo ai mille passaggi. E' sempre al centro dell'immagine e immancabilmente a fuoco. E' un vecchio mantra, sempre valido, suggerito da Seneca, oltre duemila anni fa:"La vera ricchezza è essere padroni del proprio tempo". Tutto il resto è una corsa verso il nulla.
Giancarlo Saran